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MANTENIMENTO: I FIGLI HANNO IL DIRITTO DI MANTENERE LO STESSO TENORE DI VITA IN CASO DI DIVORZIO.

La determinazione dell’assegno di mantenimento deve tener conto delle esigenze abitative, scolastiche, sportive e sociali.

Il tenore di vita goduto durante il matrimonio, non rientra più tra i parametri per la concessione dell’assegno divorzile all’ex, ma tale restrizione non riguarda i figli, i quali in caso di divorzio dei genitori, hanno il diritto a mantenere lo stesso tenore di vita del quale godevano quando i genitori erano ancora una coppia.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 3922 del 19 febbraio 2018. Approfondiamo insieme il tema analizzato.


La vicenda

Un genitore propone ricorso in Cassazione contro la sentenza del 27/05/2016 della Corte d’appello di L’Aquila che aveva stabilito che l’uomo doveva versare 600 euro all’ex coniuge per il mantenimento dei figli che vivano con quest’ultima. Il ricorrente doveva provvedere, inoltre, in via esclusiva al mantenimento del figlio che invece viveva con lui.


La Corte di Cassazione si esprime

"I figli hanno il diritto di mantenere il tenore di vita loro consentito dai proventi e dalle disponibilità concrete di entrami i genitori, e cioè quello stesso che avrebbero potuto godere in costanza di convivenza”.

La decisione della Corte di Cassazione pone l’accento sul tenore di vita dei figli che deve essere lo stesso nonostante la separazione dei due coniugi. Quest’ultima, infatti, non deve influire sulle esigenze dei discendenti e non riguarda solo il sostentamento, ma anche un insieme di aspetti differenti.

La Corte stabilisce, infatti, che:

“In tema di determinazione del contributo per il mantenimento dei figli è necessario considerare costi diversi da quelli connessi al mero sostentamento, e dunque, esigenze relative, anche, all’aspetto abitativo, scolastico, sportivo, sanitario e sociale, con la precisione che i figli hanno il diritto di mantenere il tenore di vita loro consentito dai proventi e dalle disponibilità concrete di entrambi i genitori e cioè quello stesso che avrebbero potuto godere in costanza di convivenza.”

La Corte, dunque, rigetta il ricorso proposto da questo genitore e lo condanna al pagamento delle spese processuali.

 

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