Il datore di lavoro deve comunicare per iscritto e con preavviso il periodo di ferie e tenere conto anche delle esigenze del lavoratore.
Il datore di lavoro non può mettere il dipendente in ferie forzate con un preavviso breve e solo per poche ore al giorno solo al fine di smaltire le ferie arretrate.
Le ferie devono, in ogni caso, permettere al dipendente di recuperare le energie psico-fisiche spese per il lavoro e proprio per questo motivo quelle a “credito” non possono essere smaltite con termini e modalità decise solo dal datore di lavoro. Nel caso in cui il dipendente venga costretto alle ferie forzate la società può essere condannata a reintegrare il monte ore di ferie maturate.
Il collocamento a riposo forzato dei dipendenti viola il codice civile per quel che riguarda il tema ferie.
La regolamentazione delle ferie stabilisce che al dipendente spetta:
un giorno di riposo settimanale considerato come riposo compensativo;
un periodo annuale di ferie retribuite, possibilmente continuativo per una durata stabilita dalla legge, dai contratti collettivi e dagli usi.
Il datore di lavoro, in ogni caso, può dettare i tempi delle ferie in base alle esigenze aziendali ma è tenuto a comunicare in anticipo ai dipendenti il periodo di godimento dell’interruzione dal lavoro. I riposi concessi, inoltre,devono essere fruiti in maniera continuativa per permettere ai lavoratori di recuperare le energie psico-fisiche.
Abitualmente (ma è una norma più dettata dall’uso che non dalla legge) il dipendente decide quando fare la metà del suo monte ferie, mentre l’altra metà la decide l’azienda in base alle esigenze lavorative.
Come si devono smaltire le ferie arretrate?
Oggi la legge non consente più alle aziende di pagare le ferie arretrate per azzerare il monte ore. Il dipendente, dunque, deve usufruire di almeno due delle quattro settimane annue obbligatorie in modo continuativo durante l’anno stesso di maturazione. Il resto, anche frazionato (ad esempio tre giorni questa settimana, cinque giorni in un altro momento, ecc.) nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. A meno che non si tratti di una risoluzione del rapporto di lavoro (fine contratto, dimissioni, licenziamento), il periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute. Qualsiasi accordo che non rispetti i termini di legge è nullo.
L’azienda, inoltre, deve pagare i contributi previdenziali sulle ferie maturate, anche se non sono state godute, entro 18 mesi dalla fine dell’anno solare in cui sono state, appunto, maturate. Il periodo di fruizione delle ferie è stabilito dal datore di lavoro, purché, come dicevamo prima, tenga conto non solo delle sue esigenze ma anche di quelle del dipendente, le sue necessità personali, familiari o economiche. Appare ovvio, dunque, che si può obbligare il dipendente a fare le ferie solo in caso di chiusura aziendale, ma non in qualsiasi periodo dell’anno e ogni volta che il titolare della società abbia intenzione di farlo se ciò crea dei problemi al lavoratore.
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